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POLITICHE INDUSTRIALI. LA CISL FVG A POLITICA E CONFINDUSTRIE: ALLEIAMOCI SULLE PROSPETTIVE. VIETATO CHIAMARSI FUORI.

Presentata dal Sindacato la fotografia del comparto industriale: “Indietro ed inefficienti rispetto alle dinamiche globali. Tre gli assi su cui puntare: infrastrutture, energie, transizione demografica”.

Parola d’ordine, alleanza: non si tratta solo di fare gioco di squadra per traghettare l’industria del Fvg sulle grandi transizioni globali, ma di trovare modalità contrattuali e concertative efficaci e rispettate da tutti, perché se è vero che la Cisl è pronta alla sfida e la Regione lo sembra, anche le Confindustrie, ed in generale tutte le parti datoriali, dovrebbero tenere il passo. L’appello, che è anche un affondo al sistema datoriale, arriva dalla Cisl Fvg preoccupata per lo stato di salute di un comparto primario.  Se a prima vista si potrebbe dire bene dell’industria, è altrettanto vero che le cose non vanno certamente benissimo. Se, infatti, il comparto industriale del Friuli Venezia Giulia sta reggendo alle contingenze del momento (anche se rispetto a gennaio sono sensibilmente aumentati i lavoratori coinvolti da percorsi di crisi), non sembra pronto, invece, ad affrontare le sfide e le transizioni globali ormai in atto, che devono passare necessariamente anche attraverso una fase contrattuale e concertativa nuova. Con la conseguenza che, se non ci domandiamo ora che tipo di industria vogliamo da qui a 10 anni, rischiamo che la nostra regione rimanga irrimediabilmente indietro, disperdendo gli assist di vantaggio di cui gode, dalla posizione baricentrica al buon tasso di occupazione (68,5%), passando per le esportazioni pro capite che ci spingono al secondo posto in Italia con oltre 18.000 euro. “La preoccupazione più grande – entra subito nel vivo segretario della Cisl FVG, Cristiano Pizzo – riguarda, dal nostro punto di vista, il posizionamento del Friuli Venezia Giulia rispetto a dei processi ormai ineluttabili e che detteranno le regole da qui in futuro. Crediamo che ora più che mai sia il momento di creare una forte alleanza tra sindacati, parti datoriali e politica per disegnare il nuovo quadro dell’industria regionale: non cabine di regia per tenere sotto controllo o tamponare le crisi, ma per essere davvero proattivi rispetto a delle politiche industriali che vanno ancora costruite in termini durevoli e di prospettiva e rispetto alle quali siamo già in ritardio. Ragionare solo sull’oggi senza una visione prospettica rischia di farci rimanere indietro e questo non lo possiamo permettere”.

L’Osservatorio Industria della Cisl FVG (si vedano grafici allegati). Punto di partenza di ogni ragionamento è la fotografia scattata dalla Cisl Fvg (fotografia naturalmente limitata alle aziende in cui il Sindacato è presente), che indica che le aziende in difficoltà sono stabili rispetto alla precedente rilevazione (gennaio 203) (61), ma è aumentato sensibilmente il numero dei lavoratori coinvolti, che passano da 8mila287 a 11mila788, sugli 11mila897 complessivi delle imprese mappate. Si tratta prevalentemente di aziende legate al comparto metalmeccanico (28), e seguite a distanza dalle imprese del legno (11) e dai cartai (5). A soffrire sono soprattutto il Pordenonese con oltre 4.800 lavoratori colpiti e la zona di Trieste Gorizia, che con oltre 2.700 lavoratori. Tuttavia c’è da segnalare anche la difficoltà dei telefonici, che contano circa 700 dipendenti coinvolti da processi di crisi. Quanto alla tipologia di crisi, due sono quelle che tengono banco; la crisi di settore (28) e la mancanza di ordinativi (22), mentre – a differenza della scorsa rilevazione – soltanto due aziende soffrono per i costi energetici, a fronte delle 8 di gennaio 2023. La cigo risulta essere lo strumento maggiormente attivato (42), seguito dalla solidarietà, che raddoppia rispetto a gennaio, portandosi a 15.

Sono quattro, in particolare, le sfide che allo stesso tempo costituiscono – per la Cisl FVG – sia i principali motivi di preoccupazione, sia le scommesse su cui puntare.

Partiamo dalla transizione demografica. Nel 2066 – stando alle proiezioni dell’Istat – l’Italia passerà dagli attuali 60,3 milioni di abitanti a 53,5 milioni e se non fosse per l’immigrazione straniera scivolerebbe a 44 milioni. Tra le regioni del Nord che pagheranno il calo più significativo, al secondo posto c’è il Friuli Venezia Giulia che, sempre secondo le proiezioni nel giro di un paio di decenni scenderà abbondantemente sotto il milione: a diminuire sarà soprattutto la fascia di popolazione attiva, ovvero tra i 15 e 64 anni (-7,1%) a fronte di una quasi pari crescita (+7,7%) di quella anziana.

“Siamo di fronte ad uno scenario da allerta – commenta Pizzo – che ci impone non solo di domandarci quale sarà sull’impatto della transizione demografica nel NordEst, ed, in generale, in Friuli Venezia Giulia, ma soprattutto come intervenire in modo rapido ed efficace perché è chiaro che soprattutto il calo della fascia di popolazione attiva si ripercuoterà sulla forza lavoro e sul grado di industrializzazione della regione”.

Rispetto ad uno scenario potenzialmente devastante per il mercato del lavoro, serve, in sostanza per la Cisl FVG, una strategia plurigenerazionale condivisa ma soprattutto trasversale, vale a dire che sotto lo stesso cappello giocoforza andranno considerati più comparti – sanitario, della scuola, del mercato del lavoro, dell’industria – ed elaborate politiche comuni. Tenere saldi l’occupazione e l’industria significa intervenire, ad esempio, sulla tenuta della scuola e scongiurare il più possibile gli abbandoni scolastici, sostenere la natalità, innalzare le competenze, promuovere l’immigrazione straniera di alta qualificazione, puntare alla digitalizzazione del pubblico e del privato, aumentare il livello di connettività delle infrastrutture materiali ed immateriali.

L’altra sfida/partita strategica è, dunque, quella delle infrastrutture. “Quello delle infrastrutture rimane ad oggi un nodo critico che si riflette sul mondo industriale. “Parliamo sempre di centralità del Friuli Venezia Giulia rispetto ai grandi corridoi come quello Mediterraneo e Adriatico e della rete TEN-T, ma la domanda vera è se davvero stiamo sfruttando appieno questa potenzialità” – incalza Pizzo. Considerando, ad esempio, il significativo aumento del flusso di merci su strada – attorno al 6% per quanto riguarda la A4 Venezia-Trieste (confronto 2021-2022) e con punte di oltre il 10% sulla tratta A23 Udine-Tarvisio – c’è la necessità di aggiornare le strade e le autostrade in funzione delle tendenze. Le priorità per la Cisl Fvg sono presto dette: Adriagateway, ovvero il potenziamento complessivo de sistema logistico del porto di Trieste, l’ampliamento della radice ferroviaria Molo VI, il raddoppio della linea ferroviaria Cervignano-Udine. Fari puntati anche sulla provincia di Pordenone, che risulta quella con il gap infrastrutturale più ampio (43° posto a livello nazionale). “E’ chiaro poi – esorta ancora Pizzo – che i tempi di reazione devono essere proporzionali alle esigenze del mercato del lavoro e dell’industria: gli interventi che chiediamo vanno cantierati a stretto giro e portati avanti parallelamente allo sviluppo della digitalizzazione, sfruttando anche la dote del PNRR e della programmazione europea e cooperazione territoriale, che assieme sommano circa 3,4miliardi”. “Ma chiediamo alla Regione di accelerare sulle cosiddette Zone Logistiche Semplificate, che prevendo agevolazioni ed incentivi particolari per le aziende insediate o che intendano farlo, considerando che l’assessore Amirante i giorni scorsi ha comunicato che il Piano di sviluppo strategico è stato aggiornato ed inviato al Governo”: ZLS che potrebbero essere legate ai tre porti di Trieste, Monfalcone e San Giorgio di Nogaro.

Prioritaria risulta anche la sfida energetica, che continuerà a tenere banco da qui in avanti. “C’è bisogno di avere chiaro a che punto siamo con la transizione energetica a livello regionale ed arrivare anche ad una mappatura della propensione delle aziende alla transizione green: questo, infatti, ci consentirà anche di stabilire con precisione quali competenze serviranno all’industria ed iniziare a formarle, nella logica dell’innalzamento delle competenze di cui si diceva prima”. Secondo passaggio: se è vero che il tema delle bollette energetiche, oltre alle famiglie, impatta inevitabilmente sulle aziende più energivore, con la conseguenza che le imprese, a causa delle prime stangate arrivate con le bollette, si sono attivate con delle richieste preventive di ammortizzatori sociali, è altrettanto vero  che il tiraggio, ovvero la  differenza tra ammortizzatori utilizzati e quelli richiesti, si è fermato nel 2022 attorno al 27%, e che se sarà confermato quest’anno è segno che, nonostante le preoccupazioni legittime, le industrie del Friuli Venezia Giulia mantengono un posizionamento importante nel mercato in termini di competitività. “Il nostro territorio regionale – spiega Pizzo – necessita di “fare squadra” anche per produrre e consumare energia elettrica. Vi è la necessità di sfruttare anche gli importanti incentivi di finanziamento dedicati a livello nazionale e regionale a tale scopo. Le comunità energetiche, oggi più di ieri, sono ormai orientate, più che alla produzione di energia, soprattutto all’autoconsumo ed e proprio grazie a quest’ultimo che le aziende, in particolare quelle maggiormente energivore, potrebbero trovare quell’importante risposta alle richieste di abbattimento dei costi delle bollette.”

La partecipazione dei lavoratori Nel disegno di politiche industriali di prospettiva, un tassello importante è rappresentato dalla partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa, in una logica win win. Partecipazione che la Cisl sta sollecitando, anche in Friuli Venezia Giulia, attraverso una raccolta firme finalizzata ad una proposta di legge di iniziativa popolare. “In particolare come Cisl spingiamo su quattro tipi di partecipazione: organizzativa con la possibilità dei lavoratori di contribuire all’innovazione e all’efficientamento dei processi produttivi, consultiva per attribuire alle rappresentanze sindacali unitarie o aziendali il diritto ad essere consultate in via preventiva e obbligatoria in una serie di fattispecie; gestionale con forme di cogestione nei consigli di amministrazione e di sorveglianza, anche in società a partecipazione pubblica, finanziaria con nuove modalità di distribuzione degli utili ai lavoratori rispetto a quelle previste dal quadro normativo vigente.