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INDUSTRIA FRIULANA, O SI CAMBIA PASSO O SARA LA FINE

Il 2017? Un anno cruciale per il tessuto industriale della provincia friulana, perché se non si cambierà davvero passo – e mentalità – la situazione, già al limite, rischierà di collassare irreparabilmente. A lanciare un appello deciso a istituzioni, politica e classe imprenditoriale è la Fim Cisl del territorio, preoccupata dall’andamento del quadro complessivo. E’ da otto anni – si legge in una nota della categoria – che la nostra realtà industriale è messa a dura prova dalla crisi: molte aziende sono fallite, con una media di 80 l’anno, migliaia di posti di lavoro persi, negli ultimi due anni in provincia di Udine, e nel solo settore della metalmeccanica, circa 1.500.
Una situazione critica alla quale si aggiunge un’ulteriore aggravante, ovvero i 2.000 lavoratori ancora coinvolti dagli ammortizzatori sociali e la cessazione da quest’anno dello strumento della mobilità.
“Nonostante i numeri drammatici – commenta il segretario Pasquale Stasio – in questi anni siamo riusciti a contenere i danni derivanti dalla crisi, tutelando molti posti di lavoro e salvaguardando tante aziende. Ciò è stato possibile grazie agli ammortizzatori sociali, che tuttavia sono stati modificati nel 2015 in maniera peggiorativa riducendone la durata”.
Di qui l’analisi della Fim Cisl: il tessuto industriale della nostra provincia ha dimostrato di non sapersi adattare ai cambiamenti economici e di mercato, perdendo di fatto molto lavoro, costringendo noi sindacalisti a cercare di limitare i danni, diventando meri firmatari di ammoritzzatori sociali, sperando che passasse la nottata.
Come Fim-Cisl crediamo necessario un cambio di passo e di mentalità, crediamo che non sia più sostenibile un atteggiamento solo ed esclusivamente difensivo, ma sia necessario rilanciare l’attività d’impresa per evitare, altrimenti, un’ecatombe totale di posti di lavoro con inevitabili ricadute sociali.
“Noi della Fim – aggiunge Stasio – siamo convinti che questa sfida, abbia bisogno del contributo di tutti: delle parti sociali, delle rappresentanze datoriali e della politica, per far fronte ad una sfida molto importante, che è quella di come manteniamo il lavoro nel nostro territorio, evitando che fugga altrove. Vediamo la necessità di fare sistema da parte delle nostre aziende (che sono maggiormente medio-piccole) per opporsi ad una concorrenza globale, condividendo, magari i canali commerciali ed offrendo un pacchetto di servizi/prodotti/progetti, in grado di soddisfare il maggior numero delle esigenze dei clienti e dei mercati”.
Poi l’appello improcrastinabile: “Chiediamo alla politica una visione più ampia, a lungo termine, che stimoli tra le aziende e tra le associazioni di categoria quella necessaria sinergia, creando, un habitat ottimale per stimolare il fare impresa nella nostra provincia, valorizzando, inoltre, la contrattazione territoriale, che reputiamo una componente importante per stimolare la competitività/produttività del territorio stesso.
C’è la necessità da parte delle aziende di investire soprattutto sui lavoratori, per rendere gli stessi al passo con i mutamenti tecnologici che saranno altrettanto necessari, per affrontare la concorrenza globale, che non potrà mai vederci vincenti in una competitività a ribasso, ma solo sulla qualità
C’è bisogno, di un approccio meno ideologico nelle relazioni industriali, che vadano nel merito e che non siano, invece, un tavolo di scontro tra due identità che difendono il proprio status; c’è la necessità di comprendere che il vero scontro non è più tra lavoratori e datori di lavoro, ma è tra le nostre imprese e l’imprese del resto del mondo.
“Noi della Fim Cisl – conclude Stasio – pensiamo, che tali questioni non siano più rinviabili, che saranno questi gli argomenti che dovremo iniziare ad affrontare seriamente, se si vuole continuare a creare e ad avere lavoro nel nostro territorio”.