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COMMENTO DEL SEGRETARIO MURADORE ALLA LETTERA PASTORALE DEL VESCOVO DI UDINE

Ancora una volta l’arcivescovo di Udine, Mons. Andrea Bruno Mazzocato, con la sua ultima lettera pastorale è arrivato alla testa e al cuore di tutti, credenti e non. Provo, modestamente, a riflettere brevemente su un paio di temi che dovrebbero animare, se non addirittura scuotere, la coscienza di ognuno di noi. Prendo a prestito alcune, tra le tante, significanti parole di Mons. Mazzocato quali “l’uomo non è per la solitudine” e “è libero solo chi sa amare”.

E’ di tutta evidenza, purtroppo, che negli ultimi sventurati decenni è aumentato esponenzialmente, fino a prevalere, un atteggiamento individualistico, figlio di una cultura materialista e neoliberista che ha ridotto, svilendolo, l’uomo alla sola dimensione di consumatore: consumo, ergo sum. Ma non solo. Anche individuo asociale e amorale che, diventato monade tanto solitaria quanto egoista, è caduto nell’inganno dell’autosufficienza e che addirittura si sente legittimato a ricercare il proprio benessere a scapito degli altri, contro gli altri. E gli effetti, infatti, sono un aumento vertiginoso delle ingiustizie sociali e il terribile oblio del principio di uguaglianza.

Il dilatarsi smisurato, l’esasperazione dell’autonomia personale, peraltro fine a se stessa, ha originato un tanto superficiale quanto pericoloso soggettivismo etico che ha portato ad una vera e propria deresponsabilizzazione rispetto agli altri e alla comunità. Lo stesso “amore” è vissuto in modo talmente ingeneroso e asfittico da non riuscire a farci andare oltre un sempre più ristretto perimetro, sarebbe meglio dire prigione. Sempre più spesso, infatti, gli individui sono così egocentrici e tragicamente narcisi da non farsi per nulla coinvolgere, attraversare, dagli altri. Indifferenti, quindi, a tutto e a tutti perchè centrati solo su se stessi. L’amore è stato soppiantato dal “desiderio consumistico”, in quanto questo meglio risponde al “must” del piacere effimero, a cui siamo costretti dalla subcultura del cosidetto edonismo reaganiano.

Si impone davvero l’affermazione di una dimensione aperta che ci faccia ritornare ad essere “persone”, non più individui, che trovano il senso profondo di sé nella relazione con gli altri: nelle famiglie, nelle comunità e nella stessa vita pubblica. Va abbattuto lo steccato dell’io per giungere al noi in quanto la libertà di una persona non finisce, ma inizia quando e laddove incontra quella dell’altro. L’attenzione, la condivisione e il farsi carico degli altri arricchisce personalmente, socialmente e anche economicamente. La solidarietà, in definitiva, pure conviene. Ciò è dimostrato dalla pesantezza dell’attuale situazione di crisi causata proprio dalla mancanza di qualsiasi solidarietà e principio di responsabilità, cioè da non dover “rispondere” di ciò che le proprie scelte e le proprie azioni comportano per gli altri. E questo vale certamente per i potenti della finanza e della politica, ma anche per ognuno di noi.

Penso, infine, che la politica, le rappresentanze economiche e sociali e il sindacato stesso debbano riflettere sulle necessità, indicata chiaramente da Mons. Mazzocato, di tradurre le intenzioni in azioni. Basta con gli annunci, si passi a fatti concreti.

Urge dare un presente dignitoso a chi vive in estrema difficoltà e una speranza reale a quanti, giovani e non, non vedono neppure un lumicino in fondo al tunnel. Consapevoli che sono gli “ultimi” a dover essere al centro dell’agenda politica, economica, sociale e personale.