Top
 

Comunicati

Cisl FVG > Archivio informativo  > Comunicati  > REDDITO DI CITTADINANZA: ESCLUSE TROPPE PERSONE

REDDITO DI CITTADINANZA: ESCLUSE TROPPE PERSONE

Il reddito di cittadinanza non intercetta le nuove povertà, quelle che lavorano, sottopagate, senza sicurezza, senza futuro. Alberto Monticco, segretario generale della Cisl Fvg, non dà troppo peso alla prima rilevazione sulle domande per la misura introdotta dal governo giallo-verde. Numeri, a suo parere, distanti dalla realtà di un mondo del lavoro cambiato dalla crisi, e che di fatto richiede provvedimenti diversi da quello varato dal governo, tutto sommato limitato rispetto alle necessità di una platea assolutamente differenziata. Dai nostri riscontri – spiega – risulta che il numero delle persone potenzialmente interessate, in base alla domanda di Isee, non ha fatto richiesta del sussidio, tanto che anche il governo sta annunciando che le coperture finanziarie non saranno totalmente utilizzate. C’è da domandarsi il perché.

Quasi 10mila persone in regione chiedono il reddito di cittadinanza. Se l’aspettava?
Non mi aspettavo nulla di particolare. Quello che conta, purtroppo, è che è sbagliata l’impostazione del provvedimento.
Cosa non le piace?
Bisognerebbe intanto fare chiarezza sul tipo di intervento: un ibrido tra politica attiva e passiva non funziona.

E infatti non soddisfa le criticità reali, come le sedi territoriali e i servizi del sindacato stanno ampiamente riscontrando.
Di che si tratta?
Oltre ai disoccupati e ai migranti, c’è una classe di poveri che sta lavorando e avrebbe bisogno di aiuto.
Di chi parliamo?
Di chi non riesce a far fronte alla terza settimana, ma direi nemmeno alla seconda. Gente che non ce la fa proprio. E che, viste le soglie Isee, è tagliato fuori dal reddito di cittadinanza. Forse sarebbe stato meglio riflettere su come modificare in senso migliorativo il Rei (e il Mia qui in regione), vale a dire una forma di inclusione, a sostegno dei momenti di difficoltà, ma propedeutico al reinserimento sociale attraverso politiche attive.
E invece?
E invece ci troviamo davanti una misura che, essendo un ibrido, non serve ai precari, ma nemmeno a chi non ha davvero nulla e non è inserito in una logica di reinserimento sociale e lavorativo.
La soglia Isee è troppo bassa?

Più che il parametro dell’Isee, andrebbe ripensata proprio la misura tenendo conto, come dicevo prima, dell’esistenza di situazioni eterogenee, ma comunque di necessità. Penso a genitori che non riescono a far fare attività sportiva ai figli, che li tolgono dagli oratori, che non pagano le rette delle mense. Con conseguenze pesanti sulle nuove generazioni, che non potranno entrare in un percorso di studi che risponda alle loro speranze e ambizioni e alle aspettative di un mondo del lavoro 4.0 di cui tutti parlano. Esportare cervelli e giovani e importare badanti e colf è uno scenario abbastanza attuale, che francamente vorrei cambiare.
Ma chi sono allora i 10mila che fanno domanda?

Immagino ci siano tanti anziani con la pensione minima, disabili e qualche reddito basso e unico perché il parente o il compagno è stato espulso dal ciclo produttivo. Ma chi avrà il reddito di cittadinanza rimarrà, al pari di chi non l’avrà, dentro un quadro preoccupante di povertà, se vicino non ci sarà un’adeguata cintura di welfare, che non può essere il navigator. Altrimenti, le persone andranno in cerca di altre forme finanziare per far fronte all’imprevisto di una spesa straordinaria, come, ad esempio, una malattia.

Che sollecitazioni dà alla Regione che a sua volta sta studiando il dopo Mia?
Cgil, Cisl e Uil cercando da mesi di avviare un percorso concertativo. Al momento siamo ancora in attesa di risposta. Serve una visione d’assieme, altrimenti non si va da nessuna parte. Sulla riforma sanitaria, pur tra intoppi e momenti di tensione, ci siamo ritrovati attorno ad un tavolo, con risultati proficui. Contiamo che questo metodo possa essere replicato: associazioni di categoria, sindacato, enti formativi, ricerca, istituzioni devono prevedere assieme il mercato del lavoro del futuro e agire in quella direzione. I protocolli costano fatica, ma i tweet non bastano. Occorre riprendere la fatica di confrontarsi faccia a faccia.
La situazione sulle crisi aziendali?
Non confortante. Alcune crisi accantonate con ammortizzatori di vario tipo, ma non risolte, stanno riesplodendo. Anche in questo caso aspettiamo dalla Regione un incontro per capire quale sia la sua visione d’insieme su industria e infrastrutture, al di là della terza corsia, e quale il piano immediato. Questioni indifferibili che vanno affidate alla concertazione.