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SCUOLA: LA DAD NON PIACE, MEGLIO ORARI PIU’ ESTESI, MA TUTTI IN PRESENZA (MAGARI A TURNI)

Un sondaggio della Cisl Fvg rivela disagi, ma anche possibili soluzioni: la questione scuola resta prioritaria, anche oltre la fase d’emergenza

Che la DAD sia poco gradita ai più è ormai cosa nota, ma che in molti siano disposti anche a sottoporsi o a sottoporre i propri figli a tamponi settimanali o periodici pur di rientrare in presenza, è un dato nuovo. La necessità di ritornare a scuola (naturalmente in sicurezza) resta, per le famiglie, i docenti e gli stessi studenti, l’obiettivo cui puntare, il rimedio per salvare non solo la didattica, ma anche lo stato di salute, le relazioni, il lavoro. A rivelarlo è un sondaggio della Cisl Fvg, cui hanno risposto 2.050 persone (di cui 1.396 residenti in Friuli Venezia Giulia), tra genitori, insegnanti, personale Ata e studenti. “Quello che emerge con estrema chiarezza – commenta il segretario della Cisl Fvg, Franco Colautti – è la netta contrarietà alla didattica a distanza (72,3%), ma soprattutto l’esigenza di ripensare la scuola in termini partecipativi e strutturali, con interventi duraturi che vadano ben oltre la fase di emergenza che stiamo vivendo”. L’indagine, infatti, che riguarda le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche, private e gli enti di formazione professionale, mette in luce non solo i limiti attuali, ma anche i bisogni futuri. Partendo dai primi, c’è l’urgenza di rientrare in classe per tutti, consideratati gli “effetti collaterali” della DAD, che si articolano a ventaglio: difficoltà di concentrarsi in questa modalità didattica (47,4%*) e relativa difficoltà di insegnare (26,5%); impedimenti dovuti a scarse o inesistenti dotazioni informatiche, spazi, connettività (46,3%), e, ancora, stati d’animo improntati all’ansia e alla tristezza (17,8%), oltre a chi ha manifestato dubbi sull’apprendimento e la didattica. Ben vengano, quindi, anche i tamponi rapidi (lo dice il 67,3% delle risposte), purché ci si possa risedere al banco. Le ricadute della DAD, infatti, risultano pesantissime, con una buona fetta del campione che dichiara di avere difficoltà di relazione e di conciliazione (rispettivamente il 45,5% e il 45,4%), di avvertire ansia e depressione (36,9%) e di non sapere a chi lasciare i figli (30%), non potendo accedere né allo smartworking né ai congedi parentali (30%). Una situazione critica tanto da far accettare ai più l’idea di acconsentire all’esecuzione di un tampone settimanale o quantomeno periodico. “E’ chiaro – commenta ancora Colautti – che il peso della conciliazione è fortissimo da un anno a questa parte e grava in maniera determinante soprattutto sulle donne, basti vedere come sta andando erodendosi la componente femminile del lavoro. Per questo va pensata una riorganizzazione complessiva del sistema, delle nostre città, della logistica, degli orari, non solo degli ingressi a scuola, ma anche di tutti i mezzi pubblici, corriere e bus, dei luoghi di lavoro, coinvolgendo, attraverso la contrattazione di secondo livello, anche l’assetto delle parti datoriali, per fare in modo che le scuole possano tornare ad essere frequentate in presenza, senza, però, gravare ulteriormente sui carichi familiari”. Ma a chiedere la riorganizzazione degli istituti scolastici d una ulteriore revisione della logistica è anche una larga parte del campione intervistato, che spinge su una migliore gestione organizzativa scolastica (45,8%), a fronte anche di provvedimenti disomogenei adottati a contrasto del virus e per lo più concentrati su distanziamento individuale, mascherine e gel, sull’allungamento dell’orario scolastico giornaliero in modo tale da consentire la turnazione degli alunni (18,7%), sulla riorganizzazione complessiva dei trasporti (45,2%) e su tutta una serie di provvedimenti che vanno da maggiori controlli fuori scuola alle lezioni all’aperto e utilizzo di mascherine ffp2 (18,2%). Quanto alla conciliazione, il problema va ben oltre alla situazione contingente, basti pensare che, ad esempio durante l’estate, è la possibilità di accedere ai centri estivi (44%) o di chiedere aiuto ai nonni o agli amici (38%) a spostare l’asticella e determinare la qualità della vita delle famiglie. Il 24,4 % ha dichiarato di dover usufruire di ferie ed aspettative per gestire i figli in assenza della scuola, il 16,8% di lasciare i figli da soli o con personale esterno, e solo il 5%, ad esempio, di poter usufruire dello smartworking. Di qui l’appello non solo a potenziare l’offerta di centri estivi e ricreativi (40,2%), ma anche di attivare corsi di studio e formazione facoltativi (31,2%), seguito da chi chiede sostegni economici finalizzati (27,9%) e flessibilità sul lavoro (7%).