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FOOD RIDER, IN PIU’ DI TRENTA BUSSANO ALLA PORTA DELLA CISL

Nonostante il timore di essere scoperti, a neppure metà giornata, sono già una trentina, i rider che hanno bussato alla porta della Fit Cisl, per chiedere informazioni sui propri diritti. L’open day a Udine e Trieste promosso dalla categoria dei trasporti raccoglie, dunque, un attimo risultato, quasi insperato, se si considera che la frequentazione di una sede sindacale è motivo sufficiente perché l’algoritmo che governa le chiamate e il lavoro dei rider metta una nota negativa sul lavoratore, compromettendone la capacità di guadagnare.

Un guadagno – racconta il segretario della Fit Cisl Fvg, Antonio Pittelli – che  va a discapito, però, dei diritti. Siamo comunque di fronte a persone bisognose di lavorare per mantenere la propria famiglia o quella nel paese di origine”.  Le problematiche rilevate – si legge in una nota della categoria cislina – sono davvero tante e ci sono state segnalate da colloqui avvenuti sia di persona, sia da remoto. “Parliamo innanzitutto – spiega Pittelli – della precarietà e pericolosità del lavoro.  Spesso, infatti, che si cada con le biciclette, facendosi male, oppure più semplicemente ci siano dei danni al mezzo. Ma tutto ciò pesa unicamente sulle spalle del lavoratore, che a tutti gli effetti viene trattato come lavoratore autonomo senza però averne i diritti. Quello che poi non si sa è che, ad esempio, il cubo che viene portato sulla bicicletta deve essere pagato dal lavoratore. Anche se sopra vi è il marchio della società per la quale lavora. Come anche non si sa, che a chi fa consegne col proprio scooter o con la propria macchina, perché per le distanze maggiori è previsto, non viene rimborsato il prezzo della benzina”.
Parliamo poi – aggiunge la nota della Fit Cisl – di compensi  che vengono pagati in base al numero di consegne fatte. E quante ne possono essere fare lo decide un algoritmo segreto, che non si sa come sia costruito, e che è implementato anche da un punteggio legato alla qualità del lavoro svolto dal rider. “Quello che è certo è che i lavoratori si sentono altamente in soggezione nei confronti della app con la quale prendono le ordinazioni da consegnare e dell’algoritmo che la gestisce”.  “Dagli incontri che stiamo avendo – conclude Pittelli – si intuisce facilmente che questi lavoratori chiedono una umanizzazioni nei rapporti con quelli che a tutti gli effetti sono i loro datori di lavoro. Dalla firma del contratto in poi, il loro unico rapporto è con la app dello smartphone, avendo come spada di Damocle i tempi e il numero delle consegne. È ora che anche a loro, che sono i sommersi di questa nuova economia digitale, venga dato un contratto di riferimento. Che non può essere altro che quello della logistica-trasporti e merci”.