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WARTSILA: HELSINKI SVUOTA LA FABBRICA AL TOP. L’ITALIA LA DIFENDA

Intervento del Segretario generale Cisl FVG, Alberto Monticco, pubblicato su Il Piccolo

Ritengo che, anche alla luce dei tanti interventi sulla vertenza Wartsila, sia utile fare alcune riflessioni e puntualizzazioni.

Come primo segnale, credo vada valorizzato, ancora una volta, il fronte comune “nazionale” che ha espresso, in modo chiaro ed inequivocabile, la contrarietà espressa al piano ipotizzato da Wartsila.

La posizione espressa dal Governo anche sulla ratifica dell’adesione della Finlandia alla Nato, dalla Regione FVG, dalla politica in modo trasversale, da Confindustria, e da alcuni player commerciali, sono un segnale importante di come la vertenza Wartsila abbia assunto, giustamente, le caratteristiche di una vertenza nazionale, non solo industriale, ma di prospettiva politica e di credibilità del sistema nazionale ed europeo.

Il secondo segnale è quanto oggi RSU e lavoratori stanno facendo con il blocco dei cancelli e trasmettendo, in modo composto e responsabile, la preoccupazione per il futuro, ma anche la consapevolezza che, rispetto a questa vertenza, non sono stati lasciati soli. Le tante manifestazioni di solidarietà ai cancelli da parte della cittadinanza esprimono come Trieste abbia capito l’importanza di uno stabilimento come Warstila per la città, patrimonio di un intero territorio.

Il terzo segnale si è avuto durante gli incontri in Regione e al MISE, dove le organizzazioni sindacali sono state esplicite nella richiesta di ritiro della procedura, ufficializzando che non ci sarà alcuna trattativa se prima non ci sarà il ritiro della procedura stessa.

È utile che il gruppo dirigente di Wartsila, sia italiano che finlandese (ed anche eventuali consulenti che non vorrei potessero essere più interessati a gestire altre partite “vertenziali”), prenda atto che non ci sarà trattativa se la procedura non verrà ritirata, perché sedersi a quel tavolo significherebbe aprire una discussione che ha come obiettivo la chiusura dello stabilimento: una prospettiva che oggi tutti stanno respingendo in blocco.

Saremmo, poi, tutti interessati a verificare il piano industriale proposto dalla Wartsila, soprattutto dal punto di vista finanziario e industriale: uno stabilimento come Wartsila Italia non si crea soltanto con le risorse del PNRR ma con anni di esperienze, soprattutto umane.

Ricordo che il percorso di “miglioramento continuo” messo in campo dal 2015 (con la benedizione del Ceo finlandese) ha efficientato lo stabilimento rendendolo il migliore del gruppo: e i vari premi e riconoscimenti ottenuti a livello internazionale ne sono la più semplice ed efficace dimostrazione.

La “Revenue/Area (resa dello stabilimento a mq) e la “Power/Area” si sono triplicate dopo le azioni di efficientamento, concordate con le RSU, e messe in campo dal 2015 al 2018 (da 3,5 a 9,7 e da 19 a 55) mantenendo inalterata la Nominal Capacity dello stabilimento.

Ecco perché il nuovo stabilimento finlandese non potrà in nessun caso essere paragonabile a quello triestino: organizzazione, efficienza, potenzialità di sviluppo, equilibrio dei costi, non sono replicabili utilizzando le sole risorse del PNRR.

E soprattutto il PNRR non potrà replicare l’ulteriore valore aggiunto di Wartsila Italia: le proprie maestranze, insostituibili sia dal punto di vista professionale che umano.

Si apre a questo punto un’ultima riflessione sul percorso di “nazionalizzazione” di cui ultimamente si è tanto parlato: se Wartsila insistesse nel percorso di uscita da Trieste e dall’Italia (ed ecco perché non bisogna aprire a disponibilità sulla trattativa) che cosa sarebbe oggetto della nazionalizzazione? Uno stabilimento al top dell’efficienza, ma vuoto di prodotti?

E siamo sicuri che Wartsila si renderebbe disponibile a vendere quello stabilimento ben sapendo che potrebbe essere destinato, in tutto o in parte, ad “un’azienda rivale”, dopo essere riuscita nei suoi 25 anni di presenza nel territorio a mettere fuori gioco i prodotti locali?

Ecco perché la nazionalizzazione, che resta un’ipotesi importante (e forse l’unica percorribile), ha la necessità che il “Sistema Paese Italia” continui in modo positivo, propositivo e trasversale a creare un progetto con cui “riempire” di contenuti quello stabilimento che oggi la Finlandia vuole lasciare vuoto.

Ultima considerazione che mi lascia un po’ perplesso: ma una multinazionale finlandese può avere accesso a due finanziamenti distinti di PNRR, Finlandia ed Italia, spostando capacità produttiva ma non aumentandola e soprattutto non riducendo la capacità produttiva dei propri stabilimenti extra UE?

Forse un argomento che andrebbe ulteriormente approfondito.