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ALLA MONTAGNA SERVONO LEADERSHIP E GOVERNANCE

Il rilancio della montagna del Friuli Venezia Giulia non passa solo attraverso lo stanziamento di risorse economiche, quanto piuttosto da una strategia complessiva di leadership e governance.

All’indomani degli Stati Generali della Montagna, la Cisl Fvg avanza la sua proposta, indicando nell’istruzione una delle vie maestre da seguire.

Un tema – quello legato alla scuola – che non va considerato marginale, ma inserito a pieno titolo tra gli obiettivi da perseguire per dare futuro a territori ad alto rischio di marginalizzazione.  “Il punto vero – spiega il segretario regionale Franco Colautti – è che solo la formazione può garantire, da una parte, l’esistenza di una classe dirigente, che oggi di fatto manca, e, dall’altra, arrestare quello spopolamento che sembra ormai inarrestabile, grazie alla costruzione, sin nelle più giovani generazioni, di una consapevolezza identitaria forte ma aperta”.

Il percorso, tuttavia, non è facile, se si considerano gli allarmanti dati sulla natalità, elaborati dalla stessa Cisl. Posto il quoziente regionale al 6,4% (con una perdita di quasi 2 punti in soli 5 anni), i numeri dei bambini per istituto comprensivo lasciano ben pochi dubbi sulla criticità del quadro. Dal 2012 al 2017, quasi tutti i comprensivi della montagna hanno subito un brusco calo di allievi, dovuto ad una natalità sempre più bassa. A registrare le situazioni più gravi, tenendo conto del quoziente di natalità, sono Maniago, che passa da un indice pressoché stabile attorno al 9% al 7,7%, scivolando di 2,6 punti rispetto soltanto al 2016 e, sempre nell’area pordenonese, l’istituto comprensivo di Meduno che dal 2012 perde 2,4 punti. Le stesse “performance” negative si fotografano anche nella montagna friulana, dove la maglia nera va a Gemona, che dall’8,1% di cinque anni fa regredisce al 5,9, e soprattutto a Paularo, che vede dimezzate le sue nascite, passando da un quoziente di punta del 2014 al 9,6 al 3,4% del 2017. In numeri assoluti, parliamo di 18 bambini in meno nel comprensivo di Meduno, 38 a Maniago, 33 a Gemona e 19 a Paularo. L’unica eccezione in controtendenza è rappresentata dal perimetro scolastico di Tarcento, che dopo una battuta d’arresto, lo scorso anno ha segnato, rispetto al 2016, ben 25 nascite in più.

“E’ chiaro – commenta Colautti – che continuiamo a trovarci di fronte ad un problema strutturale, che mette in serio pericolo la formazione delle classi future e dunque l’esistenza sul territorio delle stesse scuole, che peraltro sono ottime scuole. Ben vengano, per la Cisl Fvg – le proposte avanzate negli Stati Generali di studiare incentivi per i Comuni sedi di plessi scolastici o di garantire trasporti più funzionali mediante scuolabus, ma questo senz’altro non basterà. “Occorre – incalza Colautti – favorire il personale, vale a dire dirigenti, insegnanti e Ata, che vogliono prestare servizio nelle aree svantaggiate e per un periodo di tempo tale da garantire la continuità dell’insegnamento: la specialità della regione dovrebbe dare qualche margine di intervento in proposito”. Allo stesso modo, per il Sindacato, bisognerà, sin da subito, e senza aspettare il prossimo settembre, porre mano alla questione dei dirigenti, moti dei quali ancora in modalità di reggenza, con tutto ciò che comporta in termini di sacrificio personale e buon funzionamento dei plessi. “Occorre – specifica il segretario cislino – che nel programma delle Aree Interne vengano finalmente trovati gli strumenti legislativi necessari a superare questa impasse e a dare una risposta decisiva al territorio regionale e montano, in particolare”.

Infine, resta ancora tutta aperta, la partita, tutt’altro che marginale anche rispetto al tema dell’istruzione, dell’assetto delle Uti, basti pensare alle enormi incongruenze tra i perimetri immaginati e quelli degli attuali comprensivi scolastici, in particolare per quanto riguarda alcune aree, come per esempio, quelle del Tarvisiano e del Sandanielese. “Confidiamo che l’attuale mappa delle Uti possa essere riaggiornata, eliminando tutte quelle sovrapposizioni che oggi creano tanti dubbi ed incertezze”. Che, poi, anche gli amministratori delle Uti si debbano preoccupare del tema della natalità, e di conseguenza di quello dell’istruzione, appare evidente dai numeri e, segnatamente, dal rapporto tra due fasce di popolazione: quella tra i 5 e14 anni e quella tra i 50 e 69. Basti, infatti, pensare che nell’Uti Dolomiti friulane questo rapporto è di circa 3 a 2, a favore degli over 50 ed addirittura di 1 a 5,4 nell’Uti Val Canale-Canal del Ferro (3.533 adulti tra i 50 e i 69 anni a fronte di 654 bambini tra i 5 e 14 anni).