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SANITÀ, 500 IN PIAZZA A TRIESTE PER CHIEDERE ASSUNZIONI E SERVIZI PIÙ EFFICIENTI

 «Non è accettabile che le politiche regionali sulla sanità continuino a venire calate dall’alto, senza alcun confronto né sulla gestione dell’emergenza, né sulla gestione del personale e delle liste di attesa». È questo il messaggio che i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil del Friuli Venezia Giulia, Villiam Pezzetta, Alberto Monticco e Giacinto Menis, lanciano al presidente Fedriga e all’assessore alla Salute Riccardi, al termine della manifestazione tenutasi questa mattina a Trieste a fianco di piazza Unità. Il ritorno del caldo non ha impedito una partecipazione massiccia sia dal capoluogo regionale che dalle altre province, con almeno 500 persone ad animare il presidio, davanti alla sede della Giunta regionale.

LISTE DI ATTESA E PRIVATI. In gran numero i lavoratori della sanità, mobilitati sia per le assunzioni sia a sostegno della trattativa sulle indennità aggiuntive e sui premi Covid-19, ma anche i pensionati, tornati in piazza venti giorni dopo il presidio del 2 luglio, indetto per chiedere dati e trasparenza sulla situazione delle case di riposo, duramente colpite dagli effetti dell’epidemia, in particolare a Trieste. Dati e trasparenza che Cgil, Cisl e Uil rivendicano sulla gestione complessiva dell’emergenza, sulle politiche del personale e sull’aggravarsi delle liste di attesa. «Da un monitoraggio a campione che abbiamo effettuato sui tempi richiesti per visite ed esami – denunciano Pezzetta, Monticco e Menis – risulta che solo il 20% delle prestazioni prescritte in modalità breve viene garantito entro il termine previsto di 10 giorni, e per le differite solo in un caso su 3 si riesce a stare entro i 30 giorni, con tempi di attesa sostanzialmente analoghi nel pubblico e nel privato convenzionato». Ecco perché i sindacati chiedono, anche per poter far fronte all’arretrato accumulatosi con l’emergenza, «un indispensabile allungamento degli orari degli ambulatori attraverso nuove assunzioni», ribadendo nel contempo la loro «ferma contrarietà a un incremento del ricorso al privato, già cresciuto dal 3,8 al 6% della spesa sanitaria regionale a partire dal 2019, con un aumento pari a 50 milioni l’anno».

PERSONALE. Dopo una perdita di 600 unità tra i lavoratori del comparto nel periodo 2010-2018, legata al mancato turnover, l’emergenza Covid ha segnato un’inversione di tendenza nell’andamento delle assunzioni. Anche in questo caso, però, i sindacati chiedono trasparenza sui numeri: «Si è parlato di 500 assunzioni – denunciano le categorie del lavoro pubblico con i segretari regionali Orietta Olivo (Fp-Cgil), Massimo Bevilacqua (Cisl-Fp) e Luciano Bressan (Uil-Fpl) – ma in molti casi si tratta di personale precario. E i nuovi ingressi non hanno impedito né un forte ricorso ai richiami in servizi e allo straordinario, con 57mila ore erogate tra marzo e maggio, né il mancato rinnovo di contratti a termine in alcune realtà, come Pordenone». Il mancato rinnovo dei precari, infatti, è uno dei motivi alla base dello sciopero proclamato per venerdì (24 luglio) dai sindacati della Destra Tagliamento, per la prima di quella che potrebbe essere una lunga serie di iniziative di protesta e mobilitazione, se la Giunta e le Aziende sanitarie non sceglieranno la strada del confronto con il sindacato. Tra i nodi da sciogliere, come noto, anche quello delle indennità aggiuntive e dei premi da riconoscere ai lavoratori impegnati sul fronte Covid. Premi dai quali rischiano di essere paradossalmente esclusi i precari, doppiamente penalizzati quindi in caso di mancato rinnovo dei contratti.

ANZIANI. Sul tavolo che i sindacati intendono aprire con la giunta anche la grande partita dell’assistenza ad anziani e non autosufficienti, a partire dalla riqualificazione delle case di riposo, alla luce delle gravi lacune messe a nudo dall’emergenza, in particolare nell’are di Trieste. I segretari regionali dei sindacati pensionati Roberto Treu (Spi-Cgil), Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda Gruarin (Fpl-Uil) giudicano «improrogabile una gestione diversa dell’assistenza ad anziani e non autosufficienti, più attenta anche alla dimensione umana, individuando nuovi strumenti per una politica di forte abbattimento delle rette, oggi insostenibili per molte famiglie». Non si tratta soltanto di mettere mano ai regolamenti per individuare standard più elevati di accreditamento, insistono i sindacati, ma di «ripensare profondamente il modello di risposta ai bisogni delle persone anziane e fragili, partendo dalla parola d’ordine della domiciliarità e dalla messa in rete di tutti i soggetti coinvolti, istituzioni sanitarie, famiglie, Comuni, medici di base, terzo settore e volontariato».

PIÙ RISORSE PER LA SANITÀ. Se il nuovo patto Stato-Regione, garantendo al Fvg 538 milioni a fronte delle minori entrate, dovrebbe garantire un livello di risorse adeguato per far fronte alla prima fase dell’emergenza, i sindacati sono convinti che il Mes rappresenti un’opportunità irrinunciabile per il rafforzamento della sanità pubblica del Fvg e per dare attuazione agli obiettivi della riforma sanitaria, «a partire dal rafforzamento della rete dei servizi sanitari sul territorio e dei dipartimenti di prevenzione, «invertendo un lungo trend negativo che ha indebolito la capacità di risposta del sistema, e non solo in fasi di emergenza». Un’adeguata politica di investimento sui servizi territoriali e sulla prevenzione, infatti, rappresenta secondo i sindacati «una strada obbligata rispondere meglio a una mutata domanda di salute e di servizi, legata all’andamento demografico e alla crescita delle patologie croniche, riducendo la pressione sulle strutture ospedaliere e migliorando la risposta ai cittadini-utenti».