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SIDERURGIA FRIULANA, SI RICORRE ALLE FERIE FORZATE

La congiuntura difficile mette a rischio il comparto siderurgico, tanto che in Friuli le aziende iniziano a ricorrere alle ferie forzate. La Fim Cisl monitora la situazione per evitare usi impriopri dello strumento.

Siderurgia friulana a rischio, con la Fim Cisl che lancia l’allarme su un comparto sempre più colpito dai prezzi al rialzo delle materie prime necessarie alla produzione dell’acciaio. Il rincaro dei minerali del ferro e delle ferroleghe si è, infatti, attestato su un + 40%, superando la soglia dei 100 dollari per tonnellata, dato che se continuasse a crescere, metterebbe a repentaglio gran parte delle marginalità che servono alle aziende per mantenere il proprio livello di sopravvivenza.

“La situazione delle aziende che seguiamo – denuncia per la Fim Cisl del territorio udinese, Francesco Barbaro – rischia di riportare il settore in grave crisi dopo nemmeno due anni di apparente tranquillità”. “Non sono solo i rincari della materia prima a preoccupare i nostri produttori di acciaio, ma anche la produzione cinese che è ai massimi storici, vicina a superare la produzione del miliardo di tonnellate già nel 2019”.

Troppe insidie, dunque, che hanno indotto le aziende siderurgiche locali a correre ai ripari, utilizzando programmi di ferie forzate per scongiurare il più possibile la cassa integrazione.

“Stiamo monitorando la situazione – spiega Barbaro – cercando di evitare utilizzi impropri di ferie, che rischiano di far pagare ai lavoratori con le loro tasche, questa fase, speriamo transitoria”.

La Fim Cisl ricorda che è lo stesso istituto previdenziale a prevedere l’obbligo di utilizzate le ferie pregresse prima di attivare la cassa integrazione. Cassa integrazione che – si legge nella nota cislina – impatterebbe notevolmente sulle buste paghe dei dipendenti del comparto siderurgico, che beneficiano di retribuzioni più alte rispetto ai minimi degli altri comparti, dal momento che si lavora su più turni comprese festività e domeniche.

“Va anche detto – commenta Barbaro – che il ventaglio degli ammortizzatori sociali è notevolmente diminuito rispetto al passato, per cui la gestione delle fasi di crisi è molto più complicata rispetto al passato e rischia di mietere più disoccupati che non riescono a rimanere agganciati all’azienda perché sprovvista di cassa integrazione”.

Le aziende – conclude la nota della Fim Cisl -non possono lasciare a casa i lavoratori con permessi non retribuiti poiché il lavoratore, in assenza di lavoro, ha sempre diritto a ricevere la retribuzione o il sussidio di cassa integrazione. Invitiamo tutti i lavoratori che non hanno la presenza del sindacato in azienda, a chiedere informazioni qualora stiano vivendo questa situazione di difficoltà.